Progetto Demos: "Dalla necessità alla Virtù"

Margherita la Focosa. Per il 25 aprile in quarantena…

di Sabrina Angelini

   Come si fa ad arginare i ricordi? Arrivano all’improvviso e ti colpiscono vigliaccamente quando sei più fragile ed indifesa. Alcuni sono lieti e pieni di nostalgia, per fortuna, come questo del negozio di generi alimentari di Margherita la Focosa.

   Margherita era una gran bella donna sempre ordinata con i capelli raccolti a chignon. Indossava deliziosi gioielli d’epoca di quelli fatti a mano senza risparmio tanto da appesantire i lobi delle orecchie. Il suo sguardo fiero emanava una certa autorità ed il suo carattere molto forte le aveva consentito di essere la titolare del negozio più antico e famoso di Teramo, mia madre la adorava.

   Margherita Ammazzalorso era stata una staffetta partigiana durante la guerra di liberazione, maritata con Mimì Focosi era diventata, con la complicità del dialetto, Margherita la Focosa.

   Ricordo la vetrina di ingresso con la maniglia di ottone monca dell’ultimo pezzo svitato e poi forse perduto, questa mancanza rendeva difficile l’ingresso quel tanto da rendere più interessante varcare la soglia.

   Una volta entrate, io e mia madre venivamo immancabilmente investite da quell’odore persistente di baccalà essiccato ed aringhe affumicate stipate nelle casse di legno in esposizione sulla destra davanti al banco che era altissimo e non solo perché io avevo circa sei anni.

   Sulla sinistra, sacchi di iuta pieni di legumi da vendere a peso nei quali avrei volentieri immerso le mani per saggiarne la consistenza, il mobile color ocra sbiadito occupava tutta la parete e nella parte più bassa i cassetti trasparenti, come piccole vetrine, ospitavano la pasta non impacchettata.

   Sembrava il tripudio dell’anarchia: non c’era quasi niente di confezionato e tutto poteva essere prelevato e rapito dalle poche palette di alluminio e gli alimenti coabitavano contaminandosi tra loro perché nessuno aveva inventato le allergie, i germi, le intolleranze.

   Nella parte alta, barattoli di pomodoro e liquori che non sono più in commercio tranne quelli da dolci e poi, a quei tempi, i dolci tradizionali ed i piatti tipici Teramani avevano bisogno del supporto di Margherita per vedere la luce. Il miele ad esempio, di grande qualità, era particolarmente compatto, lo estraeva dal barattolo con difficoltà e lo confezionava con la carta oleata, quella gialla e spessa che non si riusciva ad accartocciare, ed il bello era che non usciva dal cartoccio! Il colore vivo delle ciliegie candite rosse e verdi come pure il cedro verde scuro venduto intero o metà a seconda delle esigenze.

   Non si completavano gli acquisti da Margherita senza prima aver confessato cosa avevi intenzione di cucinare ed in che modo perché nessuno aveva inventato la privacy. Quasi certamente la ricetta offerta in pegno doveva essere corretta o rivisitata ma mia madre aveva buone basi ed in genere se la cavava bene, con qualche cenno di assenso, però c’era sempre una “signora giovane” del giorno prima che aveva inanellato due o tre gaffes da commentare e da stigmatizzare per poi apostrofare come “forestiera”.

   “Cass è la seconn e la gross dua li lasciat?” (Quella è la seconda figlia e la grande dove l’hai lasciata) Si parlava di me e mia sorella sempre perché la privacy non era nel dizionario quindi: resoconto sullo stato di salute di tutta la famiglia, tracciamento dei movimenti degli ultimi sei mesi, risultati scolastici, varie ed eventuali.

   Cosa vuol dire voler bene e ancor di più cosa significa rispettare gli altri, non saprei dare una definizione esatta ed elencare una serie di comportamenti tali da formare delle buone pratiche ma ricordo quella sensazione, stando lì ad altezza di cassa di baccalà, che non era di intrusione negli affari altrui ma preoccupazione vera ed affetto gratuito di chi aveva visto in faccia la paura di morire e la guerra, di chi sa esattamente cosa serve per vivere e se ti può consigliare od aiutare non si tira indietro. Non era facile entrare in negozio per via della maniglia ma lo era anche uscire per via della giovinezza passata, della conoscenza profonda e di mia madre che avrebbe voluto essere come Margherita.

   Il suo ricordo più vivido era di una ragazza dai capelli rossi che con un fazzoletto rosso al collo era entrata a cavallo, in una Teramo finalmente liberata, a fianco dei più famosi partigiani (uomini) della città, ricordo che mi ha trasmesso e che io custodisco, assieme ai miei, di questa donna che ha contribuito senza saperlo alla mia formazione ed alla mia libertà.


  pubblicato il 25/04/2020
  Sabrina Angelini,

Richiesta informazioni

Riempi il seguente modulo per effettuare le tue richieste al nostro staff.

Riceverai una risposta nel più breve tempo possibile.